Se non avete mai sentito parlare della giovane Laura Robson, non fatevene un cruccio, difficile sapere chi sia, anche se frequentate i circoli di tennis e i canali sportivi più informati. Laura è una diciassettenne inglese che ha appena partecipato agli Australian Open, anzi, è stata eliminata al primo turno dalla serba Jelena Jankovic con 6-2, 6-0; insomma di Laura si direbbe che è una perdente, una di quelle sfigate protagoniste di figuracce in mondovisione. Eppure Laura è una gaymer, e per noi ha vinto alla grande gli Australian Open, al primo turno, senza aver colpito neppure la palla, solo col suo fermacapelli rainbow e i suoi diciassette anni.
Il campionato australiano si gioca al Margaret Court Arena, stadio dedicato alla più famosa giocatrice di tennis australiana, purtroppo celebre anche per la sua fede evangelica e le sue invettive contro i gay, puntualmente ripetute ogni anno, a ogni intervista di vigilia campionato. Sarà che il tennis non disdegna giocatrici lesbiche, sarà che la povera Margareth avrà chissà quali problemi personali con i gay o con se stessa, ma Laura Robson ha deciso di scendere in campo con una bandiera che vuol significare molte cose, soprattutto se hai diciassette anni.
Il resto son state polemiche, dichiarazioni, di cui Laura non si è neppure curata, “non voglio commentare qualcosa di cui non ho parlato direttamente con lei” ha detto ripartendo per Londra, eliminata al primo turno dal campionato, da vincente.
GQ