Gli Avengers che non avete mai visto

I fans più irriducibili, non so perché, si senton sempre risentiti quando gli appassionati dell’ultim’ora si appropinquano con entusiasmo ai fumetti: è il caso del film The Avengers visto in queste ultime settime da milioni di nuovi cultori, che sembran ora espertoni di lunga data (per poi guardarti bieco quando nomini Visione o Wasp). Personalmente son sempre contento di condividere sapere ed esperienza, e il fatto che possa parlare di supereroi anche con mio padre, mi pare una figata. Vero è che l’esser nicchia della nicchia ha un suo fascino cameratesco, e quando si contan troppi elementi nelle fila, si rischia d’esser scambiati per gli ultimi arrivati. Giammai! A questo proposito Geekqueer viene in vostro aiuto con perle e aneddoti camp che solo il più profondo conoscitore di trasposizioni cinematografiche e televisive può ricordare.
E col motto di “Fai la differenza, dimostra competenza, godi di supponenza” andiamo a sciorinare antichi e sepolti segreti di produzione televisive e cinematografiche che nessuno ricorda.

Solo pochissimi eletti sanno per esempio che Spiderman è stato il protagonista di piccoli sketch tra lo stile naive del Fantabosco, e l’Alan Ford in Supergulp, dal titolo Spidy Super Story. Del perché l’amichevole Uomo Ragno fosse muto, vallo a sapere; in più in questa versione, Peter Parker anziché ragnatele, lancia delle cime intrecciate da peschereccio.

E non dimentichiamo assolutamente lo Spiderman interpretato da Nick Hammond, con dei filtri da moka al posto degli occhi. Lui lanciava direttamente reti da pesca.

Nel 1975 qualche matto comprò i diritti di DareDevil e della Vedova Nera per farne un serial TV. Ci furono prove di scrittura per il pilot, e anche i provini per i protagonisti: se il Diavolo Senza Paura pareva uscito dal Settimo Sigillo di Ingmar Bergman, per Natasha Romanov si puntò sul camp assoluto, scegliendo una cotonatissima Angela Bowie, al secolo moglie di David Bowie. Il progetto fu poi abbandonato perché troppo costoso in lacca e parrucche per la signora Bowie.

(Ma vuoi mettere con la nana rossa dell’ultimo film?)
E veniamo alla notizia bomba, di quelle che ogni geekqueer sogna di poter raccontare a una cena per stupire gli astanti. Nel 1990 lo scrittore e regista Larry Cohen ebbe l’idea malsana di continuare la serie di Hulk da poco conclusa. L’idea era di cambiare il protagonista, raccontando le gesta dell’avvocatessa Jennifer Walters, meglio conosciuta come She-Hulk. Dalla serie TV, l’idea si mutò in un film per il cinema, per poi mutarsi ancora in nebbia; non prima però di aver fatto il casting, scelto la protagonista e scattato un servizio fotografico che è rimasto nella storia. Attrice scelta, per ovvi motivi di stazza e così risparmio sui costosi effetti speciali, una giovane e ancora statuaria Brigitte Nielsen.

Purtroppo il progetto si perse in mille ritardi, per poi cadere nell’oblio della monnezza, mentre per Brigitte, il futuro le stava riservando numerose puntate su TeleRegione con Maurizio Mosca a parlare dell’Atalanta.
E usciamo dal mondo Marvel dei Vendicatori per parlare di un’altra perla dimenticata da tutti. Chi fu la prima Wonder Woman dello schermo? Se avete risposto Linda Carter, chiudete il browser, cancellate l’indirizzo dai vostri cookie e non permettetevi mai più di tornare qui sopra. Prima Diana Price -per una sola puntata pilota- fu Linda Harrison, subito seguita dalla bionda Cathy Lee Crosby: del perché venne scelta una copia di seconda scelta di Jane Fonda, vestita da Rita Pavone allo stadio, non lo sapremo mai.

E voglio chiudere con l’ultimo degli Avengers, il più ossigenato e impellicciato che fu protagonista con Lou Ferrigno di alcune puntate del serial Tv, Hulk del 1988. Vediamolo qui sotto, il prode Thor, mentre indossa un capo spalla in pelliccia Fendi, accanto a Tony Renis e Joan Jett gonfia d’alcol.

Quindi se in questi anni vi capiterà di ascoltare ancora ridicole disquisizioni da parte di matricole, non risentitevi e insegnate loro le basi del lungo e nascosto viaggio dei supereroi dalla carta, alla carta straccia.
GQ

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