Sulle pagine di IGN.it leggiamo la notizia relativa all’uscita del nuovo capitolo di Tomb Raider, che riportiamo quasi in toto:
di Lorenzo Antonelli 05.12.2012
Parlando con CVG, Brian Horton ha discusso del ruolo di Lara Croft all’interno del nuovo Tomb Raider, di problemi tipicamente femminili e di vulnerabilità, oltre ad aver dichiarato che oggigiorno sono pochi i videogiochi che pongono l’accento sul ruolo della donna.
“Penso che la possibilità di scegliere una protagonista femminile in Mass Effect 3 sia eccezionale, ma non è certo questo il mondo in cui il gioco è stato promosso e commercializzato. È stato mostrato Shepard, un protagonista maschile. Lara, dunque, si ritrova da sola, adesso, in un settore di giochi tripla-A, come eroina tutta al femminile. La sfida, per noi, è quella di rendere tutto più realistico, per suscitare emozioni diverse nei giocatori. Ora si è nei panni di Lara, alle prese con emozioni miste. Prima lei era solamente l’espressione della forza maschile racchiusa all’interno di un corpo femminile. Ora è una vera donna ed è anche femminile, ma allo stesso tempo molto forte, dotata di intelligenza e di forza interiore. La stiamo rendendo comunque vulnerabile, perché è la sua prima avventura, ed effettivamente sembrerebbe proprio una donna.”
In questa dichiarazione, gli spunti di discussione sulla questione della rappresentazione del gender nei videogiochi, sono molti e vediamo di evidenziarli brevemente per aprire un dibattito tra noi geekqueers.
È verissimo che in Mass Effect 3 il protagonista mostrato negli spot e che iconograficamente porta la firma dell’opera della Bioware, sia quello di Shepard maschio, ma non credo che la possibilità di scegliere la propria identità di genere o l’orientamento sessuale sia stato un aspetto così poco marcato nei lanci promozionali. Per quanto il riferimento al simulacro maschile (un bel pezzo di simulacro, dobbiamo ammettere) sia stato più utilizzato nella promozione pubblicitaria, la scelta di avere uno Shepard maschio o femmina non si limitava a un fattore estetico: come ben sappiamo nel gioco le scelte effettuate durante le campagne potevano modificare per esempio un’indole buona o più malvagia, e persino le opzioni sentimentali creavano un simulacro più modellabile all’idea di sé possibile.
Il contrario è stato fatto per i primi titoli di Tomb Raider, dove la figura della protagonista era solo oggetto sessuale e non personalità femminile: Lara non era altro che un Indiana Jones con dei seni mastodontici, la personalità femminile -per quanto possa essere sfaccettata e possa comprendere anche violente virago spietate- era appiattita al solo piacere sessuale. È vero che non tutti la pensano così: alcune giornaliste italiane e non, vedono in Lara Croft la rivalsa del character-principessa da salvare, ma io credo che se fosse stato così, avremmo fatto a meno di una quinta di reggiseno. Lara nei primi titoli può essere scambiata benissimo con un uomo, un robot o Super Mario. No, non ci vedo nessuna rivalsa, ma soltanto un’ennesima oggettivizzazione del gender femminile.
In un titolo poco conosciuto, ma secondo me fondamentale, Super Princess Peach (per Nintendo DS, 2004) era Mario a esser rapito, e toccava alla Principessa Peach liberarlo. Dopo oltre vent’anni i ruoli si scambiavano, ma la “rivalsa del gender femminile” non si limitava a questo, bensì intrinsecamente per le modalità dei poteri di Peach. In questi io ho trovato la vera rivoluzione; i programmatori hanno pensato di legare i poteri della Principessa ai suoi stati emotivi: la rabbia scatenava del fuoco, l’allegria permetteva di volare, piangere faceva nascere liane e piante su cui arrampicarsi. Legare l’abilità del personaggio a una condizione umorale è da interpretare come uno sforzo che va oltre a una Lara con le tette, questo è indubbio. La mia tesi è stata molto criticata, in fondo Peach viene rappresentata com una donna in preda a cambi umorali quasi mestruali, anziché al pari di un eroe maschile forte e imbattibile. Ma Peach diventa eroina in quanto donna, non più in un’imitazione di eroe maschile, ma riscrivendo -seppur in maniera troppo sintetica e forse pregiudizievole- un nuovo modo di essere protagonista.
Ora le dichiarazioni di Brian Horton tendono nuovamente in questa direzione: “Lara sarà più vulnerabile, quindi più femminile”. Se di primo acchito anch’io ho storto il naso alla dicotomia vulnerabilità/femmina, ho pensato che forse il termine andava interpretato in altro modo, ovvero come “umano”. La vulnerabilità è condizione umana, come la paura, e in un caso come questo prequel in cui Lara è giovane e inesperta, lo trovo uno sforzo in più di profondità di personaggio. Sì, Lara è più vulnerabile, porterà “soltanto” la seconda di reggiseno, sarà sporca e piagniucolante, ma alla fine è imprescindibile non pensare che ne uscirà vittoriosa alla conclusione del videogioco.
Vogliamo davvero indignarci per la parola “vulnerabile”? Io in realtà mi auspico che anche un eroe maschile possa essere vulnerabile, per una rappresentazione più realistica e veritiera del mio gender, e che gli altri eroi senza paura “spietati e cinici” possano ridursi a pochi esemplari. La spietatezza o il cinismo non credo siano metro di paragone in una lotta tra gender, né tantomeno valore aggiunto. Credo che questa Lara abbia fatto molta strada negli ultimi anni e -seppur le dichiarazioni di Horton possano essere mal interpretate- porti con sé un’evoluzione apprezzabile.
Discutiamone.
aspè mo arrivo.