C’è un mondo in cui anche i personaggi dei fumetti muoiono per i nostri diritti, “nostri” della comunità LGBT.
C’è un mondo in cui anche i personaggi dei fumetti etero lo fanno.
C’è un mondo in cui anche i protagonisti principali (etero) di un fumetto muoiono per i diritti LGBT.
C’è un mondo in cui anche personaggi iconici e che hanno fatto la storia del fumetto americano muoiono per un amico gay.
Certo, è un mondo parallelo. Ma fa sempre piacere ci lascia addosso un segno, dolceamaro.
La notizia, in breve: nel penultimo numero di Life With Archie, il protagonista Archie Andrews morirà per salvare il suo amico gay Kevin Keller. Prendendosi un proiettile al posto suo.
Una morte eroica e drammatica. Grazie Archie per quello che hai fatto per noi.
Un paio di premesse per quelli a cui dovessero mancare le basi:
- Archie Andrews è una icona del fumetto americano. Anzi, è il fumetto americano. Più di Superman. Sabrina Vita da Strega? È nata sulle sue pagine. Josie and the Pussycats (protagoniste di un film tremendo)? Sono nate su quelle pagine. Archie è il simbolo di quella positività a stelle e strisce, l’all-american-boy che tutti gli americani hanno pensato di essere una volta nella vita.
- “Life with Archie” è la versione “adulta” di Archie. Data la natura essenzialmente positiva dei fumetti di Archie, molti autori hanno sentito la necessità di raccontare “qualcosa di più”. Ne è nato questo mondo parallelo – o forse dovremmo dire “futuro” – in cui si narra la vita da adulti dei protagonisti del fumetto principale. Se Archie è affetto dalla sindrome di Peter Pan e non cresce mai restando sempre al college, i protagonisti di “Life with Archie” hanno una vita, delle professioni, e problemi da adulti. Omofobia compresa.
“Life with Archie” si era già dimostrato molto attento alle tematiche LGBT: neanche due anni fa, nel 2012, aveva fatto notizia la presenza sulle sue pagine del matrimonio di Kevin Keller (a Gennaio: sucacela, Marvel, che sei arrivata a giugno) con il marito conosciuto grazie al proprio lavoro: entrambi nell’esercito USA (alla faccia dei cliché).
Lo stesso Kevin si era rivelato il primo personaggio apertamente gay dell’universo narrativo di Archie. Keller aveva fatto il suo esordio nella continuity principale dell’Archieverse nel 2010, con una caratterizzazione e una scrittura decisamente positiva (considerate le premesse narrative). Ed è stato anche protagonista di una sua miniserie, a dimostrazione che non stiamo parlando di un device narrativo inventato su due piedi.
Capite insomma l’importanza della scelta.
È veramente raro vedere in un fumetto le conseguenze dell’omofobia. Generalmente, ce la si cava con un pistolotto morale e un finale all’acqua di rose, con il mondo cattivo fuori che ti intristisce ma grazie a Dio ci sono gli amici.
E invece – a volte – si muore.
Difficilmente a pagarne le conseguenze è un personaggio etero. Ancora meno, l’intero perno di un universo, che si sacrifica contro la discriminazione e l’odio.
Grazie ancora, Archie. E tranquillo: noi appartenenti alla comunità LGBT sappiamo essere molto riconoscenti. Ce ne ricorderemo.