In questi giorni di discussione in Senato per la legge sulle unioni civili del DDL Cirinnà, ne abbiamo sentite di cotte e di crude: l’era dei Pesci che finisce, l’immancabile Bibbia coi suoi Levitici, ovuli scaduti da donare alle lesbiche e un bestiario che spero davvero di non ascoltare mai più in un luogo come quello. Vane speranze.
Ma c’è stato un intervento che mi ha fatto molto sorridere (non ricordo di chi, cercherò di inserirlo in calce col vostro aiuto) e diceva pressappoco “E poi in TV ci sono già tanti gay ormai…”.
È vero, spesso si prendono le produzioni televisive come metro culturale del progresso civile, e ancora più spesso sembra che queste siano anticipatrici di valori progressisti o che la TV sia medium illuminato da cui prendere ispirazione per la vita reale.
Ma siamo davvero sicuri sia così?
L’Institute for Diversity and Empowerment at Annenbergh (IDEA) ha pubblicato un documento che mostra uno scenario tutt’altro che rassicurante o di riferimento culturale, in cui la diversità nelle produzioni audiovisive (sia TV, digitali che cinematografiche) è ancora lungi dall’essere bandiera di orgoglio.
Insomma, più che di inclusività si parla ancora di invisibilità.
Dato che so che siete dei maledetti pigroni, vi riassumo i dati più interessanti.
La diversità negli audiovisivi nell’ultimo anno
Ruoli da protagonista:
71,3% uomini
28,7% donne
Più della metà delle produzioni non rappresenta asiatici o asiatici-americani.
Il 65,6% dei ruoli di persone afroamericane sono per uomini.
“Siete ovunque! Ormai se non c’è un personaggio gay non ti fanno andare in onda!” e invece siamo solo il 2%.
Nell’immagine qui sotto qualche dato in più.
La sessualizzazione dell’immagine femminile è quasi totale, se non hai tette e gambe scoperte non vai in onda, mentre l’uomo in abiti succinti si assesta sul 7,6%.
Per i ruoli di anziani, l’uomo è più accettato e raggiunge il 72,45%, le briciole che restano sono per le donne. Si sa, l’uomo invecchia meglio, oppure è solo più stronzo.
E per quanto riguarda la produzione?
Meno del 25% delle produzioni TV sono create da donne.
Il 3,4% dei registi è una donna. No, aspè ve lo ripeto: solo il 3,4% dei registi, è una donna.
Nel digital è il 17,1%
Via cavo il 15,1%
Tv di streaming l’11,8%.
I registi caucasici nel cinema sono l’87,3%
in TV sono il 90,4%.
Siete ancora sicuri che in TV siano più “avanti” o credete anche voi sia solo un’industria maschilista come un’altra?