Il prologo di questa notiziona è come quei film che iniziano con un flashback di molti anni prima.
Erano gli anni in cui mi intrufolavo nel dopolavoro di mio padre, per avere accesso a un PC 286 e giocare a Prince of Persia e alle avventure della LucasArts.
Nelle edicole, ancora orfane dei mix di cassette per C64 e Spectrum, iniziavano a comparire dei videogiochi italiani targati Simulmondo. A questo punto, se avete all’incirca la mia età, avrete sentito un bel brividino lungo lo schiena.
In un packaging che ancora adesso trovo bellissimo, come un un simil albo tipico della Bonelli, questa software house italiana cominciò a produrre incredibili avventure grafiche tratte dai fumetti appunto come Dylan Dog, Tex, Diabolik, etc.
A questo punto del flashback ci sono io tredicenne che come Bastian della Storia Infinita, faccio sega a scuola, rubo le chiavi del dopolavoro di mio padre e passo un’intera giornata a giocare sui giochi di Ivan Venturi.
Il tempo è passato, la Simulmondo non c’è più, ci sono tantissime altre belle cose, ma quel nome lì è rimasto sempre modello di riferimento per la mia formazione nerd, e per quella di tutti i nerd italiani.
Poi tipo passano ventordicisei anni e ci sono io che son venuto su un ometto orgoglioso e indipendente, che cammino per Milano mentre gioco con la mia PSVita e il cellulare che mi squilla:
“Ciao Luca, sono Ivan Venturi,
che ne diresti di far parte della lavorazione del primo videogioco LGBT italiano?”
Allora mi dico che forse sarà meglio iniziare un diario on line per raccontarvi bene bene tutto. Perché saremo in tanti, e sarebbe bello ci foste anche voi… Siete pronti?
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