Strano post direte, sì lo è. Il discorso sugli stereotipi fisici nella comunità LGBTQI sta andando avanti da qualche anno e lo seguo con interesse: primo perché rientra nelle rappresentazioni di cui parlo in questa pagina e sul mio blog (videogiochi, fumetti e tecnologia) e in seconda istanza, per motivi personali di cui spesso vi ho già parlato.
Si parla spesso anche di dismorfofobia (o dismorfia) specialmente negli uomini gay, dove l’ossessione per la costruzione di un corpo muscoloso passa per l’accettazione sociale e la compensazione della propria idea di mascolinità/genere/ruolo (poche volte per il compiacimento, ma questo è un altro discorso).
Dalla malattia della bellezza, come la chiama Renee Engeln nel suo bel libro “Beautymania” è difficile guarire, perché ne è intrisa la nostra cultura e perché i mezzi di cui disponiamo spesso non sono adeguati.Spesso per combattere stereotipi fisici -per esempio un corpo maschile ipertrofico-, se ne propongono altri, diversi e alternativi. È come mischiare Fanta e CocaCola: può essere buona, ma è un’altra bibita.
È necessaria quindi la molteplice rappresentazione dei corpi? Come l’ossigeno, ci mancherebbe! Serve però a scardinare l’ossessione della bellezza? Non sempre, perché proponendosi come alternativa, si andrà comunque a confermare la bellezza normativa: “Ehi hai visto quanto è bello quest’orsone col suo pancione? Così diverso da QUESTO NUOTATORE COL SIXPACK! GURADA QUI”. Più o meno così, ecco.
E allora come si fa? Allo stereotipo di bellezza credo si debba combattere con un’altra arma, ovvero il depotenziamento del valore che ha la bellezza.Decentrare la bellezza dalle nostre attenzioni. Dislocare la bellezza dalle prime posizioni della nostra scala di valori. A bellezza si combatte con aspetti concreti, con valori virtuosi, con capacità, attitudini positive e indoli costruttive.Hai detto niente. No, difficilissimo. Soprattutto se si è studiato cinema -come me- e non psicologia.
Posso dirvi cosa ho iniziato a fare io: ho iniziato a ridurre “il rumore della bellezza”, cercare di dargli meno attenzioni, dedicargli meno tempo della mia giornata, farlo rientrare sempre meno come tema nei miei discorsi, nel mio Instagram, nelle mie paranoie, nei miei commenti.
Funziona? Non lo so. Ci provo.
E questo è il punto per me più importante: non credete sia arrivato il tempo di iniziare a provarci?