Il ventenne americano ha vinto come Best Player ai Game Awards del 2018 e il suo discorso di accettazione, dove si definisce , nero, gay e “peloso”, è più importante di quanto si pensi.
Articolo pubblicato su La Stampa
Quando Dominique McLean partecipò al suo primo torneo di videogiochi, aveva solo tredici anni e a quel gioco, Mortal Kombat, in realtà non avrebbe potuto neppure avvicinarsi dato che era un titolo “M”, ovvero per pubblico maturo, vietato ai minori. “Come mai fanno giocare un minorenne a un gioco vietato ai minori?” gli chiese il suo avversario che di anni ne aveva il doppio; “Come mai hai perso contro un minorenne a un gioco vietato ai minori?” rispose lui andando a ritirare la coppa da primo classificato.
Di lì a poco, Dominique sarebbe diventato un videogiocatore professionista col nome di SonicFox, vincendo in pochi anni più di 525.000 dollari, il montepremi più alto guadagnato fino a oggi.
Ma Dominque non verrà ricordato soltanto per i suoi stratosferici guadagni o per essere entrato nel Guiness dei Primati, bensì per qualcosa di molto più importante.
Pur essendo diventata un’industria mass market, quella dei videogiochi non vanta una reputazione encomiabile: non c’è stragista teenager che non sia stato raccontato sui media come gran giocatore di videogiochi, di quelli violenti e sanguinosi. E i problemi sono anche endogamici: il mondo dei videogiochi soffre di un maschilismo e una misoginia persistenti, figlio di un marketing che scelse inizialmente gli uomini come proprio target, e che anni dopo, quando anche le donne e le minoranze hanno iniziato ad analizzare e raccontare quella cultura, è sfociata in feroci polemiche, come il triste caso del GamerGate e della youtuber Anita Sarkeesian, minacciata di morte.
Allora se anche voi per un attimo avete pensato “i videogiochi amplificano l’aggressività”, o “ammazzare persone in un videogioco è l’anticamera di una sociopatia”, o anche “i videogiochi sono per ragazzini sfigati che non combineranno nulla nella vita” ecco, forse dovreste conoscere la storia di Dominique McLean.
Da quel primo torneo nel centro commerciale del Delaware, SonicFox ha partecipato e vinto a tutti i tornei di Mortal Kombat X (con il punteggio più alto al mondo) tra cui il titolo mondiale Dragon Fighter alla Evolution Championship Series tenutasi al Mandalay Bay Events Center di Las Vegas, battendo 2.575 partecipanti e indossando sempre il suo berretto con delle lunghe orecchie di peluche blu.
Un “furry” un amante delle tute da mascotte, dei costumi di peluche che a tre anni riuscì a battere a Tekken il fratello Kristian, anche lui giocatore professionista. Dominique non ha mai abbandonato i beat’em up, i videogiochi di combattimento uno contro uno, specializzandosi in Mortal Kombat, nei due capitoli di Injustice ma anche Dragon Ball FighterZ.
Se avete ancora qualche problema nell’accettare un videogiocatore come professionista, pensate ai giocatori di scacchi che attuano strategie e calcoli mentali tra arrocchi, impedonature e semimosse; in questi videogiochi le combo d’attacco e di difesa sono le stesse della scacchiera, proprio come Kasparov o Fischer ma con tempi molto più sincopati.
Nel 2016, mentre i media tiravano in ballo i videogiochi nella discussione sulle stragi in Canada, in Ohio e in quella di Orlando, Dominique vinceva l’Injustice 2 Pro League, donando parte del suo montepremi all’avversario “Rewind McCall” per le spese mediche di suo padre, malato di cancro e operato il giorno prima della finale. “Non lo faccio per soldi, Rewind è uno dei miei migliori amici, sono contento di aver giocato sul palco con lui e questo mi basta”, dirà alla stampa alla faccia di quanti continuavano in TV a parlare di violenza causata dai videogiochi.
Vedere SonicFox giocare è un piacere: dichiara di non essere motivato, stufo, annoiato prima di ogni gara, poi sale sul palco, sceglie il personaggio più debole dell’intero roster e batte tutti, tra sorprese, sorrisi, salti e finti svenimenti. Scegliere il personaggio più debole per vincere su tutti gli altri, in un’adorabile ironia ricorsiva.
Lo scorso 7 dicembre, Dominique SonicFox McLean riceve il premio come Miglior Giocatore ai Game Awards 2018 presso il Microsoft Theatre di Los Angeles e, vestendo il suo peloso costume blu, pronuncia un discorso che nel mondo ancora maschilista dei videogiocatori risuona a grancassa su tutti i social network:
“Come molti di voi potreste sapere, o forse no, sono anche super gay. Voglio fare un super ringraziamento a tutti i miei amici LGBTQ che mi hanno sempre aiutato nella vita. Tutto quello che devo dire è: sono gay, nero, e ‘peloso’: praticamente tutto ciò che un repubblicano odia, e il miglior giocatore di esport del 2018, credo. Grazie mille!”.https://www.youtube.com/embed/pyR-8Fcbf48
Di tutti gli avversari che SilverFox ha battuto in questi anni, quello dello stereotipo del videogiocatore violento e maschilista è il più sconfitto, e storie come la sua possono forse iniziare a far cambiare la brutta reputazione che i videogiochi davvero non meritano.