“The Outer Worlds” di Obsidian Entertainment ha ricevuto il GLAAD Media Award 2020 per il miglior videogioco con un’accurata rappresentazione delle persone LGBTQIA, riempiendo una mancanza che il genere soffre da sempre.
Articolo pubblicato su La Stampa
Se a buona parte della fantascienza prodotta finora togliessimo una certa tecnologia da circo e qualche bizzarra architettura antigravità, resteremmo con una sbiadita rappresentazione del presente in cui viviamo. In passato ci si è sforzati raramente di immaginare evoluzioni di identità di generi, sessuali, culturali o linguistici, insistendo più sull’estetica che sul contenuto. Non è forse una visione parziale del futuro quella che si limita a una fantascienza fatta esclusivamente di navicelle e città volanti? Negli ultimi anni sta nascendo una fantascienza più inclusiva, più vasta sui temi e sulle riflessioni del futuro: titoli TV quali The Expanse o Black Mirror segnano un profondo solco tra le produzioni del passato e quelle contemporanee.
Una serie storica come Star Trek ha avuto solo nel 2018 come protagonista una donna nera, con una capitana malese di origine cinese e una coppia di uomini gay nell’equipaggio: Star Trek: Discovery ha impiegato ben cinquantaquattro anni dalla prima messa in onda della serie originale per arrivare all’ultima sua forma inclusiva e un po’ riparatrice di un futuro che, se non fosse stato per la parentesi del capitano Kathryn Janeway, avrebbe continuato a perpetuare gli standard puramente patriarcali degli anni ’60.
Anche l’ultimo reboot cinematografico ha provato a riscrivere il personaggio del tenente Sulu sulla magnetica personalità del primo attore e attivista per i diritti LGBT+ George Takei, per poi falciare tutto nell’editing finale. Nella storica controparte di George Lucas, con l’ultimo capitolo Star Wars: l’ascesa di Skywalker, dopo quarantatré anni dal primo episodio, c’è finalmente un bacio tra una coppia di donne che persiste nel montaggio finale, benché solo nei paesi occidentali. Scene che vivono sempre sullo sfondo, come se quello fosse l’unico ecosistema dove possono vivere le persone LGBTQ+ nella fantascienza. Perché futuro sì, ma non esageriamo, signora mia.
Generalmente nella fantascienza non si è mai riusciti a scavallare quell’assunto per cui le poche rappresentazioni di minoranze sono in un qualche modo rese come un’allegoria dell’alieno, del robot, dell’”altro”, in modo tale da non contraddire le ipotesi della società predominante eteronormativa.
Se si parla poi di temi LGBTQ+ nella fiction speculativa lo si fa in uno sviluppo editoriale parallelo, raggruppato in sottogeneri distinti, in una tradizione di editori e premi a sé stanti, nutrita nelle varie sfumature new wave, apocalittiche, post-apocalittiche, steampunk, cyberpunk, xenofiction, ma sempre di nicchia, lontani dal minacciare lo status quo del mainstream.
Per anni quindi si è stati capaci di immaginare mezzi ipertecnologici che scompongono molecole per proiettarle a milioni di anni luce, biologie chimeriche, bestiari multicolore, ecosistemi complicatissimi di galassie, buchi neri interdimensionali, smagliature spazio-temporali, ma immaginare che le varie identità di genere e orientamenti sessuali siano ormai cultura assimilata, è uno sforzo che a questo punto forse dovremmo definire davvero “fantascientifico”.
C’è un motivo quindi per cui il videogioco The Outer Worlds di Obsidian Entertainment ha vinto il premio della GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation), la più importante organizzazione americana di difesa e promozione di inclusione delle rappresentazioni LGBTQ+ nei media, e quel motivo si chiama Parvati Holcomb, un’ingegnera meccanico asessuale bisessuale, scritta dalla sceneggiatrice Kate Dollarhyde e doppiata da Ashly Burch.
L’asessualità è un orientamento sessuale caratterizzato dall’assenza di attrazione nei confronti di qualunque genere. Esistono varie sfumature che comprendono una sfera fisica a una romantica, con termini tra i quali “ace”, “grey” e aromantici. Nell’acronimo LGBTQIA, l’asessualità è quell’ultima “A”, o è da tener presente in quel “+” quando si vuol esser sintetici ma inclusivi. Le persone asessuali si stimano sull’1,5% della popolazione e quando capiterà di ascoltare una battuta o una discussione su quanto sia “ridicolo” un acronimo così lungo, pensate a quanto sia invece ingiusta la non-rappresentazione di quella gran parte di persone.
Persino il network per ragazzi Nickelodeon lo scorso Pride ha confermato sui social network che il personaggio dei cartoni animati SpongeBob è asessuale, come buona parte di tante celebrità della musica e della TV che in questi anni stanno facendo coming out, quali John Frusciante, Janeane Garofalo, Morrisey, Caitlyn Jenner e tanti altri.
Nel videogioco The Outer Worlds la giovane e introversa meccanica Parvati è la spalla del/della protagonista (al giocatore la scelta), sempre presente e ottimo supporto nelle missioni sui coloratissimi pianeti della galassia controllata da corporazioni in guerra tra loro. In uno dei tanti approdi, Parvati incontra un’ingegnera di nome Junlei Tennyson e tra le due sembra nascere qualcosa. Durante una pausa in un bar, la nostra giovane e nervosa assistente ci confida il suo timore di rivelarsi come persona asessuale. Come giocatore avremo la possibilità, non solo di darle conforto, ma di comprendere meglio i suoi sentimenti, i suoi ricordi dolorosi di quando la chiamavano “gelida come un robot”, la sua paura di non essere compresa e quindi rifiutata.
“Sono parole prese direttamente dalla mia vita. Ho messo molto della mia esperienza personale in questo personaggio”, ha dichiarato la sceneggiatrice Dollarhyde sul sito Polygon. “Non essere accettata è una paura che mi ha accompagnato per tutta la vita adulta, e ho voluto inserirla direttamente nel testo per parlare a quelle persone che presumo probabilmente si sentano allo stesso modo”. Il coming out del personaggio avviene in modo intimo e senza nessun intento sorprendente, anzi la conversazione in quel preciso momento abbandona il tono sferzante e ironico che caratterizza il gioco, per diventare uno spazio sicuro, di comprensione, di concetti già acquisiti, come dovrebbe essere un futuro prossimo, un futuro consolatorio per quelli che come noi vivono nel presente.
Anche in Italia, l’esperto e streamer di videogiochi, Fabio Bortolotti conosciuto su YouTube e Twitch come Kenobit, racconta del lavoro di traduzione che ha affrontato per Neo Cab di Chance Agency, un gioco ambientato in un futuro distopico e cyberpunk di cui la protagonista Lina, una tassista della “gig economy”, è descritta come personaggio non binario, col pronome they/them, nelle conversazioni originali in inglese.
“Ricordo la conversazione su Skype con il resto del team” racconta Kenobit sul blog Outcast “in cui ci chiesero di usare i pronomi neutri o l’equivalente della nostra lingua. Che richiesta ingenua! Sarebbe bello, ma non esiste niente di simile, nell’italiano. Avevamo l’occasione di fare qualcosa di diverso, ma anche il dovere di provare a rendere giustizia a una sfumatura molto importante del carattere della protagonista. La lingua si evolve, quindi perché non proviamo a ipotizzare un pronome neutro in italiano, che in questo futuro ipotetico si è affermato ed è di uso comune?”.
Dopo prove con asterischi, “u” e “x” finali, Fabio ha optato per la tanto discussa schwa, il simbolo fonetico della “e” rovesciata (ə), che può ricordare sia una “a” minuscola (la vocale femminile), sia una “o” incompleta (la vocale maschile) e che nelle ultime settimane ha tenuto banco sulla stampa e sui social network tra L’Accademia della Crusca e la sociolinguista Vera Gheno. “Il gioco è uscito, contiene qualche schwa e nessuno si è lamentato della nostra proposta per una lingua futura più inclusiva” conclude soddisfatto Bortolotti.
Perché la fantascienza apre uno spiraglio su un ipotetico futuro, ma per renderla credibile e coinvolgente è necessario che noi apriamo anche la nostra mente. E forse finalmente lo stiamo facendo.