Dall’ultimo Assassin’s Creed Odyssey agli storici Mass Effect e Skyrim la totale parità di genere è ormai opzione scontata per le nuove generazioni.
Articolo pubblicato su La Stampa
Del tweet dell’ex ministro Carlo Calenda sui videogiochi banditi dalla sua casa e vietati ai figli si è disquisito a sufficienza. Ma l’intenzione di salvare i ragazzi «dai giochi elettronici e dalla solitudine culturale ed esistenziale, rifondando così le democrazie» è un trampolino per una riflessione necessaria: e se invece i videogiochi fossero il più immediato e diffuso gioco di democrazia esistente?
Le simulazioni sono entrate da tempo come strumenti e metodi di insegnamento nelle scuole primarie e secondarie, perché in questo modo oltre alla didattica nozionistica entra in gioco la vita empatica ed emotiva. La poetessa Maya Angelou diceva che le persone possono dimenticare ciò che dici, dimenticare ciò che hai fatto, ma non come le hai fatte sentire. E forse troppo spesso trascuriamo il fatto che il videogioco, rispetto agli altri media di intrattenimento, ha in più l’elemento di immedesimazione, che funziona come un amplificatore di esperienza e di emozioni.
Sono anni che sempre più giochi, nello specifico i cosiddetti “open world”, ovvero senza una trama lineare, permettono la caratterizzazione del proprio personaggio in un roster che oltre all’aspetto esteriore permette di scegliere l’identità di genere che manterremo per l’intero gioco e che assolutamente non creerà nessuna differenza nella trama e nelle potenzialità del protagonista. Non è affatto un dettaglio di poco conto, dato che, ancor prima che il gioco inizi, non solo viene data libertà di scelta, ma si dà per assunta una parità di genere totale.
Dalla BioWare all’Ubisoft, passando per il Parlamento italiano
La tetralogia di Mass Effect, sviluppata da BioWare, è stata pioniera in questo, inserendo quasi dieci anni fa l’opzione di orientamento sessuale nei suoi giochi. Se di simulazione dobbiamo parlare, di sicuro la serie The Sims della Maxis, è quella che più di tutte ha rincorso una libertà di scelta lasciata ai giocatori, che nel 2014 ha portato anche a un’interrogazione parlamentare, in cui il M5S invocava un intervento del Ministero della Salute.
Nella classifica dei 100 giochi più venduti del 2017, ben venti titoli permettevano di scegliere l’identità di genere del o della protagonista, e nei suddetti “open world” quest’opzione ormai è quasi onnipresente.
Quella di non seguire più una trama lineare ma lasciare che chi gioca possa scegliere tra varie opzioni, diramazioni del plot principale in secondarie o semplicemente non perseguire nessun obiettivo, rientra in una percezione di libertà che fa la differenza nelle produzioni videoludiche di spessore. Perché è ovvio che di percezione di realtà si tratta, e non di totale libertà dal software, altrimenti entreremmo nel campo del glitch o della manomissione del codice; ma in ogni gioco o simulazione esistono delle regole: l’importante è che lascino libertà di scelta per il fine ultimo, quello della conclusione del gioco e, soprattutto, del divertimento.
La Grecia antica di “Assassin’s Creed Odyssey
Assassin’s Creed “Odyssey”, uscito poco più di un mese fa, ha modificato i canoni che si portava dietro da ormai dieci capitoli, aprendosi appunto all’open world, alla trama non lineare e per la prima volta alla scelta del sesso del personaggio: Alexios o Kassandra, entrambi discendenti del re spartano Leonida. Ambientato nella Grecia del 431 a.C., il gioco permette di scegliere a quale fazione affiliarsi, se quella di Atene o quella di Sparta e anche se avere nel corso della campagna, storie sentimentali e sessuali omosessuali o eterosessuali.
Il prode e fascinoso Alexios potrà intrattenere una tormentata e romantica relazione con il suo compagno d’armi Thaletas, oppure con il riconoscente medico Lykaon, con il barbuto maniscalco Kosta o con il disinibito e decisamente queer Alcibiade.
Anche la controparte femminile Kassandra potrà cedere alle avance della fiera e orgogliosa Kyra, in una romanticissima serata intorno al bivacco, tra un racconto di una gamba mozzata in un sol colpo di spada e una freccia ben assestata in battaglia, con l’intraprendenza di due guerriere così lontane dalle principesse da salvare dei videogiochi di trent’anni fa.
«Ti voglio, Kassandra. Qui, Ora. Sotto le stelle», confida Kyra guardando il cielo di Mykonos, «Lo voglio anch’io, da quando il mio sguardo si è posato su di te», le risponde l’eroina del gioco, prima di abbandonarsi a un lungo bacio (e a una strategica ellissi temporale).
Kassandra incontrerà anche la bisessuale Aikaterine, la giovane Diona e l’anziana Auxesia, l’ancella di Artemide e guerriera Daphnae, la determinata e combattiva Odessa e la bellissima spartana Zopheras.
Insomma, se i game designer della Ubisoft volevano riproporre l’ampio spettro sessuale della grecità antica, il loro lavoro è stato solerte, e quale esempio migliore della libertà di scelta, di parità di diritti, di uguaglianza se non quella della culla della democrazia?
L’esercizio della democrazia
Fattore importantissimo è la totale integrazione di determinati temi in un filone che non rischia di diventare “di nicchia”, specifico come femministi, gay, lesbico o transgender, aprendosi così a un target per lo più giovane che potrebbe sentirsi respinto da simili etichette di genere. Qui parliamo di videogiochi blockbuster, megaproduzioni da milioni di copie, che sono entrati nella cultura pop, e non titoli riservati ad appassionati.
Dai dati AESVI di quest’anno è evidente quanto i videogiochi abbiano una portata ampia e trasversale, coinvolgendo il 57% degli italiani dai 16 anni in su, che pone i videogiochi tra i primi hobby: c’è da chiedersi se esista ai nostri giorni un altro media di simulazione potente e immersivo come quello del videogioco.
Siamo quindi davvero sicuri di volerli liquidare in modo tanto superficiale, quando il potenziale educativo di valori quali uguaglianza di genere e di democrazia stessa, stanno diventando in essi così endemici e radicati? O piuttosto non dovremmo considerare questi “giochi elettronici” per i ragazzi il più prezioso alleato per “rifondare le democrazie”?