Se lo spoiler limita la rappresentazione LGBTQIA+

La scarsità di rappresentazione nei media delle persone intersessuali o transgender è talmente bassa che non possiamo permetterci di non evidenziare, raccontare e premiare quelle poche che arrivano al cinema. Il preservarci dagli “spoiler” è un lusso che non possiamo permetterci.

Non vi dirò che in questo mio post farò spoiler (non è vero, ve lo sto dicendo), perché la tesi che vorrei esporre è proprio che no, il preservarci dagli spoiler non è un’opzione che possiamo prendere in considerazione. Continuate a vostro rischio e non venite a lamentarvene.


Uno dei miei film preferiti di questo 2024 è arrivato proprio a due settimane dalla sua conclusione, ed è “Emilia Perez” di Jacques Audiard già regista di tre film che ho molto amato in “Tutti i battiti del mio cuore” perché ha oltretutto uno dei titoli più belli mai pensati, “Un sapore di ruggine e ossa” perché mi ha fatto piangere le lacrime di quel mare e “Sulle mie labbra” perché sceneggiato con Tonino Benacquista che non solo è un fumettista che amo molto ma se nella vita fai o hai fatto l’autore TV, il suo “Saga” è un romanzo in cui a un certo momento sei inciampato.


Emilia Perez” dicevamo è uno di quei film che dopo averlo visto ti mette in difficoltà nel doverlo promuovere alle persone che conosci, perché nodo centrale della trama è anche un momento di sorpresa che vorresti fosse vissuta senza sospetti.
La storia è quella del più violento e potente boss della malavita di Città del Messico che contatta una determinata avvocata per assumerla con uno scopo ben preciso: organizzare carte e operazioni per la propria transizione di genere, così da cambiare nome e finalmente identità.
Un po’ le storie che si raccontano le TERF sulle persone transgender: lo fanno solo per entrare nei bagni o ripulirsi la fedina penale.
Il film di Audiard è bello, fresco, un musical con canzoni potenti che però non esplodono mai nella coreografia o nell’arrangiamento di genere, rimanendo in un realismo che non interrompe mai la tensione scenica.
Emilia ritorna poi nella vita di Rita, in quella della sua ex moglie, Jessi, e in quelle di tutte le donne maltrattate della sua città, con uno spirito che dalla vendetta si evolve in giustizia. La rappresentazione di un’identità conquistata in età matura, come liberazione da un’esistenza imposta dalla violenza e dalla mancanza di opportunità.

Allora partiamo come sempre dai dati.
Secondo il MRI-Simmons LGBTQ and Gender Identity Study del 2023-2024, il numero di personaggi transgender nelle serie TV continua a diminuire. Si parla di un 5% di personaggi transgender, che è quasi la metà (-46%) rispetto agli anni precedenti.
Su circa 468 personaggi delle maggiori produzioni streaming TV, ne sono stati contati 444 cisgender e solo 24 transgender, così distribuiti:
-11 (46%) sono donne trans;
-5 (21%) sono uomini trans;
-8 (33%) sono personaggi trans non binari.

I dati sono facilmente trasferibili anche nel cinema.
Da analizzare infine c’è non solo la presenza, ma la modalità in cui vengono inseriti i personaggi LGBTQIA+. A questo scopo viene in aiuto il TEST di VITO RUSSO che è la versione LGBTQIA+ del TEST DI BECHDEL (sempre quest* fumettist*!)
Russo, che è stato un importante storico del cinema LGBTQIA+, ci suggeriva quattro semplici parametri necessari per capire se la rappresentazione è appropriata:
1- Che il personaggio LGBTQIA+ sia riconoscibile e/o dichiarato;
2- Che sia caratterizzato non solo dalla sua identità o orientamento;
3- La sua sua presenza sia funzionale alla trama;
4- Che non abbia tratti offensivi o che alimenti stereotipi negativi.

Quindi come è andato il 2024? Qui di seguito uno schema utile per capire che non stiamo messi bene neppure quando il film tratta tematiche LGBTQIA+.

In queste settimane al cinema è uscito “Conclave” il thriller ecclesiastico di Edward Berger con Ralph Fiennes, Stanley Tucci -che è talmente ally da essere adorabile anche in abiti talari-, un detestabile Sergio Castellitto e la glaciale Isabella Rossellini. Il film ha decisamente suggestioni danbrownesche (ma non son sicuro che sia un male) e benché incredibilmente non ci sia traccia di “troppa frociaggine” come si lamentava Papa Francesco in questo 2024, è un film che ho trovato parecchio gradevole.


Ora, molto ma molto difficilmente “Conclave” verrà raccontato menzionando la presenza di un personaggio intersessuale perché risolutivo e fondamentale per il colpo di scena finale: il nuovo papa ha un utero e vuole tenerselo.
I personaggi intersessuali nei film e nelle serie TV sono talmente rari che è impossibile farne anche una statistica. Io ne ricorderò quattro negli ultimi vent’anni: “Both”, l’italiano “Arianna”, “XXY” e “Spork”. Venitemi anche a contraddire, mi farete felice.

Altro elemento importantissimo da tenere in considerazione è trattare drammaturgicamente l’identità di genere come un colpo di scena. Far aderire un’identità o orientamento non conforme a un dispositivo narrativo di sorpresa è la conferma dell’eccezionalità e quindi la cementificazione dell’eterocisnormatività, per di più sottintendendo il peccato o almeno il segreto di tale corpo politico che doveva rimanere celato e invece, ci spiace, era quello che non ti aspettavi alle cene in famiglia, nel bagno non chiuso a chiave, nella lettera ritrovata, nel diario segreto sbirciato, nella perfida rivelazione sussurrata.
Quelli che chiamo “peni/vagine a sorpresa” sono stati per tutti gli anni ’80 e ’90 il flagello delle rappresentazioni transgender (do you remember “La moglie del soldato”?) istituzionalizzando una sorta di “gender reveal” che almeno in questo caso aveva un senso, seppur contestabile.


Chiudendo e arrivando alle considerazioni finali che è il 31 dicembre e c’è ancora da preparare il cenone.
Possiamo permetterci di non raccontare che il film “Conclave” ha un personaggio intersessuale? Che Emilia è una donna trans? Possiamo permetterci di non raccontare che la Principessa Gommarosa e Marceline alla fine dell’ultima stagione di “Adventure Time” tornano insieme e che in realtà lo erano state già lungamente? Che Chiran in “Moonlight” è gay?
Possiamo permetterci la cultura del “NO SPOILER” e quindi sottrarre l’argomento LGBTQIA+ nella discussione culturale, in un 2025 in cui Donald Trump promette di togliere diritti e ostracizzare le persone transgender?
Io dico che politicamente non possiamo permettercelo.

Ultima considerazione, con tutta l’arroganza che mi si confà, io proporrei di aggiungere un quinto parametro al TEST di VITO RUSSO:
5- L’identità LGBTQIA+ non deve essere un colpo di scena finale.

Personalmente non voglio essere l’intrattenimento di una platea post-cenone di Natale (a meno che non l’abbia deciso io): l’effetto sorpresa fatevelo per cazzi vostri, non sulla mia pelle.

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